L’azione giudiziale: cosa significa far valere i propri diritti e quando si configura il reato di minaccia.
Un nostro lettore, a seguito di una discussione avuta con un’altra persona, ha sentito quest’ultima dire che avrebbe agito contro di lui in via giudiziaria. Non sapendo di cosa si tratta, e ritenendo che si possa configurare come una minaccia, ci chiede cosa significa agire giudizialmente. Cercheremo di spiegarlo qui di seguito.
Indice
Agire giudizialmente: che significa?
Agire giudizialmente significa intentare una causa, il più delle volte di carattere civile. Quando si intraprende la via penale, infatti, si usa piuttosto dire «Ti denuncio» o «Ti querelo».
Quindi, chi dice «Ho intenzione di agire giudizialmente nei tuoi riguardi» intende riferirsi all’avvio di un processo.
L’azione giudiziale inizia con un atto, detto atto di citazione o, eccezionalmente, atto di ricorso. La citazione o il ricorso introducono un giudizio civile volto ad ottenere una pronuncia del giudice che accerti l’esistenza del diritto fatto valere e, in conseguenza di ciò, condanni la controparte processuale a tenere un determinato comportamento.
La differenza tra citazione e ricorso consiste in questo: la citazione viene prima portata a conoscenza dell’avversario (con un procedimento che si chiama notifica che si vale dell’ufficiale giudiziario); quindi, l’atto, una volta notificato, viene depositato in tribunale. Il ricorso invece segue la procedura inversa: viene prima depositato in tribunale, in attesa che il giudice, con decreto, fissi un’udienza; dopodiché, viene portato a conoscenza della controparte tramite notifica.
Esistono poi altre procedure minori, ma altrettanto importanti, che possono rientrare nella definizione di «agire giudizialmente». La più frequente è il ricorso per decreto ingiuntivo, che si verifica tutte le volte in cui una persona deve a un’altra una somma di denaro oppure un bene determinato o ancora una determinata quantità di cose fungibili. In questo caso, il creditore, munito di una prova scritta (che può essere anche una fattura) può far emettere al giudice un’ingiunzione di pagamento che verrà poi notificata al debitore affinché paghi. Nei 40 successivi alla notifica del decreto ingiuntivo, il debitore può anche scegliere di fare opposizione e così far valere i propri diritti.
Cos’è l’azione?
L’azione legale è quindi l’avvio di un procedimento di carattere civile rivolto a ottenere il riconoscimento dei propri diritti e, di solito, anche la condanna dell’avversario.
Esistono tanti tipi di azione, il cui nome cambia a seconda della richiesta che viene fatta al giudice. Così, ad esempio, c’è «l’azione di regolamento di confini», quando si tratta di accertare i confini tra due terreni; «l’azione di danno temuto» quando un bene minaccia di procurare un danno a un altro bene; «l’azione di risarcimento del danno» quando si agisce contro un soggetto che ha danneggiato un altro e dal quale si vuol ottenere un indennizzo; «l’azione di lesione della legittima» quando si intende impugnare un testamento che non ha riconosciuto le quote spettanti ai parenti più stretti; e così via.
Nonostante la differenza dei nomi, spesso la procedura civile è identica. Come detto, il nome identifica solo il tipo di provvedimento richiesto al giudice.
Spesso, nella dialettica comune che si instaura tra due contendenti, si usano espressioni come: «Ti faccio causa», «Agisco giudizialmente contro di te» e così via. Si può parlare, in questi casi, del reato di minaccia? La risposta è chiaramente negativa. E non solo perché la difesa dei diritti è tutelata dalla Costituzione, ma anche perché il reato di minaccia scatta solo quando viene promesso un «male ingiusto». Invece la causa, per quanto seccante e noiosa possa essere, non costituisce un male ingiusto. Anzi, è l’unico metodo che il diritto riconosce ai cittadini per far valere le proprie ragioni; tutti gli altri comportamenti invece possono sconfinare nel reato di esercizio abusivo delle proprie ragioni.
Non importa poi se l’azione sia infondata e la parte che abbia minacciato di agire in via giudiziale non aveva i requisiti per farlo. In tal caso, infatti, il diritto ha già previsto le conseguenze per chi adisce il giudice senza che ve ne siano i presupposti: la condanna alle spese processuali ed, eventualmente, anche il risarcimento per la lite temeraria.
Consiste nell'atto con cui si dà avvio ad un procedimento davanti ad un giudice, per la tutela giurisdizionale di un determinato interesse giuridicamente rilevante.
Proiezione, nel processo, del diritto sostanziale o, secondo una più moderna concezione, potere di porre in essere i presupposti necessari affinché il giudice emetta una decisione qualsiasi sulla domanda. Sì deve, innanzi tutto, distinguere fra azione penale e azione civile.
L'art. 24 della Costituzione afferma che "tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi". Lo stesso codice di procedura civile all'art. 81 prevede che "fuori dai casi espressamenti previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui".
Atto mediante il quale una persona affermando esistente una concreta volontà di legge a sé favorevole, invoca l'organo dello stato (giudice) perché attui tale volontà.
In altre parole, secondo la lettera della legge (art. 2697, 1° comma, c.c.), “chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento”.
Che cosa significa "Ricorso"? Atto introduttivo di un giudizio, caratterizzato dal fatto che la parte si rivolge prima al giudice, il quale con decreto fissa la data di comparizione delle parti, e poi procede alla notifica alla controparte del ricorso, unitamente al pedissequo decreto.
Gli effetti da considerare sono due: uno è l'effetto interruttivo, l'altro effetto sospensivo o interruttivo permanente che fa sì che la prescrizione ricomincia a decorrere solo dal passaggio in giudicato della sentenza di merito che accoglie la domanda. La domanda introduttiva del giudizio interrompe la decadenza.
Si tratta di una procedura che consente al creditore di depositare un ricorso per decreto ingiuntivo in presenza di un giudice e obbligare il debitore a saldare la propria somma di denaro dovuta.
La domanda giudiziale è l'atto (solitamente un atto di citazione) con cui un soggetto (attore) chiede al giudice il riconoscimento di un determinato diritto, in relazione al quale è sorta una controversia.
Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi [cfr. art. 113]. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
Che cosa significa "Stare in giudizio"? Sinonimo di legittimazione processuale. Indica la capacità di un soggetto di proporre e ricevere validamente le domande all'interno di un giudizio e di compiere i relativi atti (v.
Secondo i giudici disciplinari, in assenza di una precisa strategia difensiva, è grave la mancata partecipazione dell'avvocato, quale difensore di fiducia dell'imputato, al dibattimento penale, giacché risulta espressione di rilevante e non scusabile trascuratezza degli interessi dell'assistito.
In sede separazione o divorzio giudiziale, il coniuge che perde la causa dovrà anche farsi carico delle spese processuali, che di solito variano tra i 1.500 e i 4mila euro.
E' impossibile dire quanto può durare una separazione giudiziale: si potrebbe dire che la durata media è di 2-3 anni, ma la durata effettiva dipende da molti fattori.
Cos'è un atto giudiziario? Gli atti giudiziari sono documenti relativi a un processo civile, penale o amministrativo. Sono emanati da un giudice o da un avvocato. Non rientrano in questa categoria accertamenti inviati dall'Agenzia delle Entrate, buste mandate dall'Inps, dalla Polizia, dai Carabinieri o dai Comuni.
Che cosa significa "Stare in giudizio"? Sinonimo di legittimazione processuale. Indica la capacità di un soggetto di proporre e ricevere validamente le domande all'interno di un giudizio e di compiere i relativi atti (v. l'art.
Che cosa significa "Comparizione (in giudizio)"? *presenza fisica di testimoni, periti, consulenti e parti del processo davanti all'autorità giudiziaria, la quale può essere ottenuta per via coattiva qualora si debba procedere ad ispezioni, ricognizioni o confronti ex artt. 132-133.
Nel processo civile, colui contro il quale l'attore fa valere la domanda giudiziale e che, di conseguenza, viene chiamato a esercitare in condizioni di parità il suo diritto di difesa davanti al giudice.
La costituzione in giudizio è ciò che determina l'acquisizione della qualifica di parte in senso formale per l'attore, per il convenuto e per coloro che intervengono (art. 105 ss. c.p.c.).
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